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Cuore danzante

Alessandro D'Avenia

23 maggio 2022


“Ho 23 anni e mi sento morto. Realizzo i miei progetti nello studio e nel lavoro, ho abbastanza amici, ma sono sempre insoddisfatto. Negli ultimi mesi, soprattutto, il mio cuore è stato insensibile e gelido. Non c’è più amore nella mia vita: come posso rompere questo guscio per incontrare la vita a metà strada e scoprire la mia vocazione?”

Un ragazzo mi ha scritto recentemente questo. La metafora del ghiaccio mi ha ricordato una frase che ho letto di recente con i miei studenti: quando Dante si ritrova in fondo all'inferno, contrariamente a quanto ci aspettiamo, non c'è né fuoco né fiamma, ma solo una pianura ghiacciata in cui sono bloccati i peccatori. Il ghiaccio è prodotto dalle enormi ali di Lucifero, che con il loro movimento ghiacciano l'acqua del fiume Cocito, nel quale sono immersi i peggiori peccatori, tra i quali si ricorda il conte Ugolino. Dante sa che è il contrario di amare (amore), al quale associa sempre il verbo muovere (muoversi) non è odio, ma controllo e paralisi: dove non c'è amore, non c'è iniziativa e creatività. Molti giovani e altri si trovano in questo stato infernale di congelamento: cuori congelati dall’antipatia, menti congelate dalla paura, corpi indeboliti dalla solitudine.

Come perdiamo l'amore e, di conseguenza, la capacità di andare incontro alla vita per scoprire la nostra vocazione?

Una cultura che dimostra fino allo sfinimento che il mondo è terribile (malattia, guerra, violenza...) e allo stesso tempo impedisce la possibilità di cambiarlo è una cultura di controllo e di paralisi. Due sono le conseguenze, soprattutto per i giovani: chiudersi nel proprio disagio, cercando di soffocarlo, oppure partecipare alla distruzione, rivolgendola contro sé stessi e gli altri. L'altro ieri questo mi è diventato evidente quando ho portato mia nipote in un parco dove i giovani pattinano. Ho sentito uno di loro che, tra uno scherzetto e l'altro, diceva: “Fumo erba, ma quando sento che sta iniziando una dipendenza, smetto perché smetto di provare sollievo, ma poi dopo un po' ricomincio perché ho bisogno di . E di nuovo divento dipendente e così inizia un nuovo circolo: ma non c’è altro modo per resistere a tutto questo...”

Il dolore sotto anestesia non permette alla creatività di uscire allo scoperto, come accade ai peccatori di Dante che, con la testa rovesciata all'indietro, piangono e le loro lacrime si cristallizzano nelle orbite degli occhi, trasformandosi in una crosta ghiacciata che non cede il passo a quelle successive , aumentando la sofferenza. Vedo che sta scomparendo ciò che caratterizza una persona e soprattutto i giovani: la capacità di essere creativi, l'aspirazione e il coinvolgimento nel cambiare il mondo, inventare qualcosa di nuovo, proprio perché ciò che non ti piace intorno a te non basta e ti fa soffrire. In un giovane pattinatore il dolore non si trasforma in una lotta e nemmeno in una domanda inquieta, come nel ragazzo della lettera. Eppure è proprio questo dolore, se non estinto, che diventerebbe necessario per trovare una vocazione o, come dicono in giapponese ikigai (combina ciò che sai e ciò che ami, condividilo a beneficio degli altri e guadagnati da vivere, in generale, il “motore della vita”).

Le crisi del destino sono crisi dell'educazione: la famiglia e la scuola sono necessarie proprio perché ikigai tutti. Il rapporto "Impossible 2022" sui diritti dei minori, presentato nei giorni scorsi a Roma dall'organizzazione Salva i bambini, mostra che in Italia la povertà materiale (1,3 milioni di bambini vivono in povertà assoluta) si accompagna alla povertà educativa: 51% i ragazzi di 15 anni non comprendono il significato del testo e non sono in grado di formarsi giudizi al riguardo. Queste cose non accadono per caso: in Italia la spesa per il welfare dei minori è di 2% (la media europea è il doppio) e siamo l’ultimo Paese Ue in termini di spesa pubblica complessiva per l’istruzione (ci piace eguagliare solo l’Europa in alcuni punti, ad esempio le spese per la difesa (siamo nella norma assoluta della media europea).

L'Agenzia di Statistica ha rivelato in un recente rapporto sul Welfare che nel nostro Paese un giovane su quattro tra i 15 e i 29 anni non studia e non lavora, un vantaggio negativo nell'Ue, oltre agli italiani di 30-34 anni che possessori di un diploma post-secondario (università o corsi) sono 27% rispetto ai 41% dei loro coetanei europei. Un Paese con un’inclusione insufficiente (welfare e istruzione) finirà per fallire in termini di vocazioni. La situazione è ulteriormente peggiorata nell’ultimo periodo per il fatto che è stata definita “implosione cognitiva”, che è il frutto di: quarantene, didattica a distanza, social network, ore di sonno perse e diminuzione della comunicazione con i pari. Quando la vita è paralizzata anziché ispirata, il gelo coglie i cuori e le teste. C'è un'illusione di libertà perché c'è accesso a molte cose nell'universo virtuale e in Internet, mentre l'universo interiore è congelato. L’opposto del ghiaccio è il calore delle relazioni, che sono il grembo materno del nostro vero “io”, a qualsiasi età.

La fame della nascita è più radicale della paura della morte, ma se quest'ultima domina, allora questo è già un problema culturale: interiorizziamo così tanto la morte che la preferiamo alla vita, ci sentiamo in colpa per il fatto che viviamo e diventiamo impossibilitato a muoversi.

Serve innanzitutto una rivolta interna, che, partendo proprio dal dolore, lo traduca in azione, come è stato necessario fare al rientro a scuola dopo il periodo della didattica a distanza (mentre eravamo ancora in classe, al termine della Possiamo, anche mantenendo le distanze e aprendo le finestre, sederci con le mascherine, che non servono nei bar e nelle discoteche, dove vanno gli stessi ragazzi). Dobbiamo riconsiderare: politiche che non sono in grado di prendersi cura dei cittadini laddove questa assistenza è chiaramente necessaria (ospedali e scuole); la televisione ridotta ad un'arena dove gli individui si affermano attraverso il combattimento, il confronto (dai reality e talk show, passando per i talent show); una scuola che non ti aiuta a prenderti cura di te stesso e del mondo, che basa la crescita non sullo sbocciare della tua vocazione, ma sulla quantità di conoscenze e di competizione; il contributo dei social network che favoriscono la costruzione dell’identità attraverso l’invidia. Il ghiaccio che abbiamo nel cuore è il risultato infernale di una cultura del controllo piuttosto che di buone relazioni da cui sbocciare. ikigai tutti. A questo proposito mi ha colpito il fenomeno definito le “Grandi Dimissioni” avvenuto in Lombardia nel 2021: 101 lavoratori TP3T con contratto a tempo indeterminato (419.754 su 4,4 milioni di occupati) se ne sono andati per trovare una migliore conciliazione vita-lavoro e la metà di loro ha meno di 35 anni. Questo non significa lasciare il lavoro, ma trasferirsi in un posto dove ci sono motivazione e condizioni migliori. Questo panorama può sembrare cupo, ma c’è già una buona notizia, la cultura del controllo, l’illusione moderna che pretende di realizzare la vita, personale e sociale, attraverso il dominio (dell’anima, dell’altro, della natura) sta diventando insopportabile. È urgente ispirare una cultura della libertà attraverso buone relazioni, dove l’espressione “sono libero” non equivale a “sono single”, ma “sono impegnato, coinvolto”, proprio perché amando ed essendo amato, il il vero “io” si fa strada nel mare di bugie e illusioni che promettono felicità a scapito del controllo.

Infatti la lettera del ragazzo contiene già la risposta nella sequenza: dolore, amore, coraggio, chiamata, allora gli dico: accetta la tua crisi, entra nel tuo dolore, rispettalo e amalo come inizio di guarigione. E cerca maestri, l'amore vero: riduci il numero delle relazioni inutili e liberati da quelle (fisiche e virtuali) che ti controllano, scoprendo poco a poco tu stesso il miracolo che sei, acquisirai il coraggio di andare incontro alla vita anche se è difficile, del resto, proprio la sua difficoltà è la materia prima della tua vocazione... E magari invece di accendere la televisione, tu, che hai la fortuna di capire ancora i testi, leggi un libro che possa raccontarti cose come il mio amico mi ha recentemente scritto di Enea:

“Nella storia di Enea la motivazione viene principalmente dall'esperienza dell'amore, dall'esperienza delle relazioni. È pensando alla moglie, al padre, al figlio, alle persone che ama, che Enea risponde, reagisce. In tempi come i nostri, in cui domina l’individualismo, non siamo più in grado di leggere la vita in termini di relazioni. E molto spesso vogliamo cercare solo in noi stessi, nella solitudine del nostro “io”, la motivazione per reagire, per fare la scelta giusta. Ma solo e soltanto quando la nostra vita entra in contatto con un amore diverso da noi stessi, entra in gioco la responsabilità, spingendoci a fare scelte che altrimenti non faremmo. E se la prima cosa da fare è reagire, allora si reagisce sempre grazie all’amore di qualcuno”.

Luidi Maria Epicolo, La scelta di Enea

Lo conferma Dante, il quale, quanto più si avvicina all'Amore, che muove il Sole e gli altri luminari, tanto più vede un quadro opposto alla gelida paralisi: la danza e il coro unitario aumentano passo dopo passo (l'amore si muove e tocca - com-muove - unisce in movimento). Naturalmente il poeta opera a immagine della "pericoresi", termine greco che descrive una danza circolare di incredibile bellezza e che in teologia viene utilizzato per descrivere gli individui della Trinità, in cui il "noi" supera la somma dei individui e travolge, trascinando le persone nell’amore che desiderano ricevere e donare, come avviene in una coppia umana che dà la vita. L'opposto di un cuore di ghiaccio è un cuore che balla: quando smettiamo di ballare, individualmente e insieme, è perché abbiamo scelto il Controllo, che ci libera dalla difficoltà di diventare noi stessi, piuttosto che l'Amore, che ci rende veramente liberi perché ci dona il coraggio di diventare noi stessi, qualunque cosa serva.

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